giovedì 24 febbraio 2011

Girls power: due chiacchiere con Jenny Fiore

Preparata. Con le idee chiare. Dj e non solo: un uragano di passione e dedizione. Jenny Fiore è sicuramente un punto di riferimento per chi nel barese ascolta e balla certa musica. Con Neu Klub organizza party e live di livello europeo. E noi di Demolition Kick ammiriamo e sosteniamo la causa.



D.K.:
Ciao Jenny! Lietissimo di poter chiacchierare un po con te.
Domanda a bruciapelo: Londra o Berlino?

JENNY:
BERLINOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!


D.K.:
2009. Nasce il Neu Klub. Ti va di spiegarci cosè, la filosofia che cè dietro, i motivi che sono stati spinta per la sua nascita?

JENNY:
Il NEU klub nasce nel dicembre del 2009, dopo un viaggio a Berlino, in cui io ero andata a trovare il mio amico Saverio (laltra metà del NK), E AVEVO SCOPERTO CON IMMENSO PIACERE la vita dei club berlinesi
Così diversa dalla miaahahah!
Ecco, tornare a Bari mi aveva profondamente depresso, perché lì avevo ascoltato della buona, e in alcuni casi ottima musica e sopattutto avevo scoperto il piacere di fruire di serate stupende(musica, alcool, posti carini, bella gente) senza la necessità di svenarsi o di impazzire alla ricerca di un club in cui ascoltare e ballare la musica che piace, come invece accade da noi
Dove se vuoi qualcosa di un minimo diverso
Beh,lasciamo stare.
Parlando con Saverio, venne fuori la voglia di creare qualcosa noi,  di molto simile a quello che avevamo vissuto a Berlino, insomma la voglia di provare a fare qualcosa di speciale!
BOH!!! Noi parlavamo di organizzare una festa in realtà non avevamo le idee molto chiare, ma era chiaro che avremmo voluto: mettere bella bella musica, organizzare una serata a spaccare, far pagare poco, perché la serata doveva essere goduta sia dal tipo coi soldi, il lavoratore, il mantenuto, sia dallo studente o dal nullafacente con pochi soldi addosso…ma con la stessa dignità di divertirsi di una persona più facoltosa; e soprattutto volevamo trasmettere alle persone il nostro entusiasmo verso la musica e/o il divertimento in generale. Insomma, aulicamente: che una musica diversa era possibile.
Prendemmo spunto dalla scena alternativa dei club indie di Londra e Berlino utilizzandoli come costante riferimento.
Neu Klub doveva essere sinonimo di party, allegria e festa!
E devo dire che nel tempo, grazie alla musica proposta dai suoi dj, alle luci ed alle immagini dei suoi vj e soprattutto grazie al suo originalissimo pubblico, la nostra idea ha potuto svilupparsi sempre meglio in un continuo crescendo di proposte.


D.K.:
Con il Neu Klub proponete party eleganti, attuali, mettete musica che allapparenza non è troppo seguita se uno pensa al mercato locale. Oltre ai live che organizzate richiamando band fuori dai confini nazionali. Eppure i vostri eventi sembrano essere seguiti con attenzione da un pubblico sempre più numeroso. Sembra stiate diventando un fenomeno culturale vero e proprio. A questo proposito, quanto è stata dura cominciare, e poi, possiamo dedurre che proporre un prodotto di qualità è possibile anche in Puglia. La tua opinione a riguardo?

JENNY:
Guarda in realtà cominciare non è stato difficile, più che altro eravamo così gasati che non abbiamo badato a nienteGuardando indietro cè stata una crescita pazzesca, dal punto di vista artistico, musicale, davvero si è creato fermento in cui ognuno ha potuto apportare idee e modifiche e suggerimenti per creare situazioni sempre diverse ed interessanti; ma anche banalmente limmagine grafica delle locandine, mano mano migliorate affidate a diversi grafici, tutti in gamba, e tutti con idee e stili diversi, ma proprio qui è il bello: il confronto e la collaborazione.
O i vari fotografi e vj che si alternano alle nostre serate, ognuno dei quali con uno sguardo personalissimo  eppure in armonia col progetto e il lavoro degli altri. Musica e immagini si fondono, per creare qualcosa di diverso ogni volta, ma assolutamente coeso nellinsieme. Tutti quelli che collaborano con noi sono pugliesi, gente che crede nella bontà delloperazione e crede nellidea della crescita di un movimento in Puglia.
Penso alla collaborazione con FABRICA FLUXUS, altro esempio coraggioso di affermazione sul territorio.
Potremmo anche essere la provincia dellimperoMa abbiamo pure noi diritto a divertirci!!! Per questo il NK è importante: convoglia le energie di tutti, da chi ci lavora a chi ci viene semplicemente a ballareTutti con un solo obiettivo: stare bene!
Io credo che le cose si possano e si debbano fare, con sacrificio e dedizione ma soprattutto con leggerezza, che non vuole dire vacuità o faciloneria, semplicemente gioia e voglia di fare. Tutto si può fare, basta volerlo.
E poi basta con la storia di lamentarsi perché siamo al sud, veramente è  passato di moda lamentarsi, e poi non è possibile che per goderti una serata o un live, o un festival ogni volta devi partire. Basta! Gli eventi li possiamo creare qua.
Anche perché non tutti hanno la possibilità di viaggiare tanto spesso, o spenderci troppi soldi dietro le cose e siccome io credo che la musica come il cinema, o le arti in generale siano DI TUTTI, allora se io posso fare qualcosa…la faccio! Piccola o grande, è pur sempre qualcosa.


D.K.:
Parliamo di te. Oltre alla musica, hai altri interessi artistici?

JENNY:
Bella domanda.
Allora è una storia molto lunga,ma brevemente ti dirò che io nasco come pittrice e gallerista. Ho lavorato in questi campi per molti anni, con devo dire, gran soddisfazione! Poi per una serie di motivi, ho cambiato campo e son tornata al mio primo amore: il cinema. E ho una videoteca. Volevo fare la regista ma, va bene lo stesso!
Discontinuamente continuo a disegnare, più che altro fumetti, anche se ho ho in mente una serie di progetti correlati alla musica.
Ecco, appunto e poi cè la musica. E quella ha sempre riempito la mia vita.


D.K.:
Nellinterland barese sono ancora poche le donne dietro la consolle, indipendentemente dal genere di musica proposto. Tu come ti ci sei ritrovata? (E aggiungo che noi siamo contenti che ti ci sia ritrovata!).

JENNY:
Beh,grazie per il complimento!!!
Purtroppo essere femminuccia è difficile. Oltre a dover pensare a trucchi e parrucchi, devi anche lavorare il doppio rispetto a un qualsiasi dj o selecter.
Io son stata fortunata, ho avuto dei padrini di battesimo che han creduto davvero tanto in me, soprattutto ANTONELLO MONNO (DJ MONNOX) che è stato il primo a immaginarmi dietro una consolle, il primo a farmi usare un cd e a sgridarmi quando sbagliavo!
Ma davvero è stato il primo che ha intravisto in me qualcosa, anche perché io allinizio mi occupavo solo della parte organizzativa del NK, e non mi sarei mai immaginata dietro la consolle!
Poi col tempo le mie selezioni piacevano, ho iniziato ad essere più spigliata, a sentirmi più a mio agio. Io cerco sempre di impegnarmi al massimo, e credo che non si finisca mai di imparareOvviamente non posso piacere a tutti, ma quello è un problema comune!
Io dalla mia posso solo dire che la musica la conosco, e ne conosco tanta, nei miei dj set spazio dal rock, allindie allelettronica, tutto frutto dei miei ascolti.
Spero di dare sempre il meglio, e di essere un piacere per chi mi ascolta.


D.K.:
Vintage. Cosè per te parola?

JENNY:
Madonna è una parola che mi fa venire langosciaDavvero è un termine talmente abusato e fuori luogo che non lo sopporto più.
Io sono una grande fan del cinema e della musica anni 60 e 70, uno dei miei registi preferiti è Mario Bava, per non parlare di Lucio Fulci,  Antonio Margheriti, o Don SiegelSinceramente ce ne sarebbero di nomi da farePerò non sopporto tutta la spocchia che le persone creano intorno allascolto o alla visione di qualcosa di vecchio”...che palle!
Sembra che voglian tutti la medaglia perché han scoperto il vintageQuando si andava al mercato americano a comprarti i cappotti improponibili a 10.000 lire eri un pezzenteOra se te li vendono nel negozio a 100 euro sei cool…ma per favore!
E lo stesso vale per la musica. Ogni tanto qualcuno si sente figo perché ascolta Lalo SchifrinIo non capisco, sentirsi meglio degli altri perché si fanno ascolti ricercati”...ma di che?
Davvero è inspiegabile lego.


D.K.:
Si vocifera di una tua collezione di vinili

JENNY:
Eh!!!
I miei vinili sono il mio orgoglio...78,33 e 45 giri sono un pezzo di cuore
E ti dirò ho iniziato a comprare dischi in quantità massiccia al liceo, perché paradossalmente un disco costava la metà di un cd, e quindi io con quei soldi anziché avere un album ne avevo due.
Se ci penso mi vien da ridere a tutta la cresta che ho fatto ai miei genitori per le spese scolastiche, quando invece mi spendevo tutto in dischiTra laltro per non far vedere che compravo dischi andavo in giro con la cartellina dei disegni (io ho fatto il liceo artistico) e dentro ci mettevo il disco di turno…mamma mia.
Però ne è valsa la pena, di ogni singolo disco ricordo quando lho comprato, chi frequentavo, chi mi piaceva e pure il costoE quando metto un vinile sul piatto e lo ascolto mi sembra davvero che il mondo sia un bel posto per viverci
Magari un giorno apro gli archivi al pubblico!


D.K.:
Jenny, grazie di cuore per il tuo tempo. E per chiudere ti domandiamo: cosa ne pensi di Demolition Kick? Ti piace lidea di creare un contenitore che si occupi di informare il pubblico su eventi, news, band, tecnologia per quanto riguarda lelectro e lelettronica nel senso più ampio?
E ovviamente ti chiediamo di aggiornarci sui tuoi prossime step, date, eventi.
Ciao Jenny, grazie ancora!

JENNY:
Caro, che dire?
Grazie a te!!!
Mi piace lidea di creare un contenitore.
E come il NK
Soltanto che si può fruire anche in ciabatte e pigiama da casa!
Mi raccomando continua e non ti arenare, perché poi le soddisfazioni son tante e mi raccomando fai girare la musica
Tutto è nellaria e tu devi essere un trasmettitore.

Per i prossimi eventi si può andare tranquillamente sul profilo NK.
Intanto ricordo due appuntamenti:
VENERDI 25 FEBBRAIO NEU KLUB DJSET  c/o KOROVA BAR (TRANI)
SABATO 26 FEBBRAIO NEU KLUB DJ SET c/o DEMODE Modugno (BARI)




PER MAGGIORI INFORMAZIONI SU JENNY FIORE PUOI VISITARE:

http://www.facebook.com/jennyfioreinlynch

http://www.facebook.com/pages/Neu-Klub/162669953781739


martedì 22 febbraio 2011

Tecnologia musicale: due chiacchiere con Silvio Relandini

Cari demoliti! Siamo davvero orgogliosi di proporvi questa intervista ad uno dei massimi professionisti in Italia per quello che riguarda la tecnologia musicale applicata e didattica, Silvio Relandini, responsabile educational Midiware, direttore dell'Istituto Italiano per la Tecnologia Musicale. Orchestratore virtuale e sound designer tra i più richiesti della penisola. 



D.K.:
Ciao Silvio! 
Noi di Demolition Kick siamo felici di poter proporre a chi ci segue un confronto con un professionista del tuo livello in campo di tecnologia musicale. E a proposito di questo, facciamo notare al lettore quanto questo mondo sia trasversale e “infinito”. Molti vedono l’accostarsi alla tecnologia (specie in campo musicale), quasi come un atto esoterico. Eppure la tecnologia può semplificarci molto la vita (o peggiorarcela…) trasformando un semplice pc in una macchina potentissima. Ma a questo punto ci si scontra con il saper fare. 
Caro Silvio, tu sei stato probabilmente tra i primi ad intuire che c’era la necessità di una formazione didattica organica per quanto riguarda certe materie. A questo proposito, come nasce l’IITM? 

SILVIO RELANDINI: 
Ciao ragazzi, intanto grazie per essere qui a parlare con Voi. l’IITM è nato 7 anni fa ma il progetto risale più indietro almeno di 15 anni ovvero da quando è iniziato, grazie soprattutto alla MidiWare, un progetto che aveva l’obiettivo di creare un sistema di formazione in grado di consentire ad un utente di acquisire le conoscenze, competenze ed abilità mecessarie all’utilizzo cosciente della tecnologia. Non era facile entrare agli inizi degli anni ’90 nelle principali istituzioni accademiche e spiegare a docenti e allievi il vantaggio che potevano avere dall’innovazione tecnologica che era in atto. Tutto ciò che era innovativo era osteggiato soprattutto per una questione di ignoranza (nel senso buono del termine: colui che ignora, non conosce). Da allora pensai che occorreva iniziare a far capire che la tecnologia era solamente uno strumento in grado di offrire funzioni di creazione e manipolazione di informazioni sonore utilissime ad un musicista, compositore o docente. Ancora oggi, che la tecnologia offre strumenti incredibili il cui limite è dettato solamente dalla nostra capacità di utilizzarla, adotto la stessa filosofia: senza la conoscenza della struttura e teoria musicale, la prassi esecutiva, la conoscenza degli stili e della storia, l’ascolto di esperienze sonore ad alta definizione e prive della compressione, la tecnologia non serve a nulla, è solo una mera illusione. Facciamo un esempio pratico: oggi esistono delle fantastiche librerie che emulano l’intera gamma degli strumenti dell’orchestra, ma senza la conoscenza dell’organologia, della prassi esecutiva e dell’orchestrazione è quasi impossibile poterle utilizzare in maniera professionale. E’ vero, la possibilità di effettuare infiniti undo, di avere un processing mai distruttivo, porta l’utente a pensare sempre meno e ad agire sempre più perchè sbagliare non è più un problema grave; ma tutto ciò non basta e occorre sempre valorizzare la conoscenza perchè è l’unica che ci consente di superare i nostri errori. La tecnologia ha sempre segnato un’evoluzione nel modo di pensare dell’uomo e questo vale anche quando l’uomo stesso produce cultura. Pensa per un attimo a che grande rivoluzione è stata la comparsa del fortepiano quando tutto era segnato dal clavicembalo, ma a questo spesso le Accademie non pensano. Così è normale che oggi i sequencer, i sintetizzatori, i plug-in ci hanno permesso di produrre qualcosa di nuovo ma soprattutto per la prima volta anche i non musicisti hanno avuto la possibilità di produrre qualcosa. Questo è stato l’elemento che ha destabilizzato un sistema che si è chiuso in se stesso dannando spesso la tecnologia. Ciò è stato un errore molto grave perchè alla fine tutti hanno il diritto ad esempio di giocare con i numeri e le equazioni ma poi saranno pochi a fare i fisici, gli ingegneri o i matematici. La stessa cosa vale per la musica che dovrebbe essere nota ad ogni cittadino, per la sua forza educativa e creativa. Pazienza che poi avrà modo di farla su un pianoforte, su una chitarra elettrica o con Ableton Live. Saranno sempre pochi quelli che lo faranno di mestiere ma questi non potranno non considerare l’utilizzo della tecnologia. L’IITM è nato con un obiettivo molto preciso: insegnare un mestiere a chi vuole occuparsi di suono o di musica professionalmente. Un mestiere centrato sull’utilizzo della tecnologia, dove non contano i titoli che possiedi ma solamente quello che sei capace di fare. Questa è un’altra questione molto scottante in un paese dove la gente normalmente colleziona titoli e pezzi di carta ed ha un basso profilo professionale. E’ per questo motivo che non abbiamo mai chiesto un riconoscimento, perchè avrebbe stravolto tutto il sistema didattico che faticosamente abbiamo costruito in tutti questi anni e che, visti i risultati ottenuti, ci premia abbastanza.


D.K.:
Ti va di parlarci della tua esperienza personale? Come ti sei avvicinato a questo mondo?

SILVIO RELANDINI
Non vorrei raccontare la storia della vita mia che probabilmente interesserebbe poco però ho iniziato fin da piccolissimo a studiare musica e pianoforte passando poi per la composizione e le discipline teoriche musicali. Ricordo però l’effetto incredibile che ebbe nella mia vita tredicenne l’utilizzo di un piccolo software presente nel mio Commodore 64: il music master. Un sintetizzatore molto semplice che però mi fece ascoltare e manipolare suoni che non avevo mai sentito prima visto che a casa si masticava principalmente musica classica. Da li si aprì un mondo elettronico che da un lato mi faceva scoprire nuovi stili, gruppi musicali e tendenze mentre dall’altro aumentava il mio interesse per tutto ciò che era tecnologia musicale. Non era facile in quel periodo poter sperimentare: la tecnologia era molto costosa, non esisteva internet, tutto quello che potevi sapere lo acquisivi leggendo i manuali in inglese dei sintetizzatori che gli amici ti prestavano. Ricordo le centinaia di domande che mi ponevo senza avere una risposta, le perplessità di cercare traduzioni di termini tecnici che davano risposte inquietanti: cos’era il gate? Di certo non era il “cancello”. Poi riuscii a comprare un Kaway K5 e un computer Atari con il sequencer Creator e li fu la svolta. All’età di 16 anni capii che quello era il mio mondo e da allora ogni giorno della mia esistenza (a parte il breve periodo del militare) è passato con la manipolazione analogica, digitale o virtuale di una qualche informazione sonora. All’età di 22 anni ho avuto la fortuna di essere notato da alcuni musicisti importanti e di collaborare con l’Associazione Musica Oggi, diretta da Massimo Zuccaroli, con il quale ho lavorato per numerosi anni nella realizzazione di progetti di formazione sulle nuove tecnologie. Sono entrato in aula a spiegare fisica acustica, notazione musicale elettronica, protocollo MIDI, che avevo 23 anni e avveniva sempre che gli allievi erano più grandi di me per cui si faticava ad imporsi come docente. Però alla fine accumulai più di 5000 ore di docenza specializzata e ancora oggi, a distanza di 18 anni quelle persone mi ringraziano di quell’esperienza meravigliosa. Il mondo del sound designing mi ha attirato prestissimo. All’inizio il lavoro era nella programmazione di nuovi suoni per la Kaway o la Korg, poi si iniziò a creare dei suoni efficaci per documentari che venivano prodotti in Rai. Nel frattempo le tecnologie miglioravano il modo di lavorare per cui decisi di dedicarmi sempre più alla formazione. Nacque l’IITM e il primo progetto fu proprio un corso di formazione professionale per sound designer, il primo in Italia, come facemmo per primi anche quello di orchestrazione virtuale. La professionalità raggiunta faticosamente venne premiata: venni chiamato a dirigere la sezione educational di MidiWare, a gestire quella di Steinberg in Italia, a seguire lo sviluppo di Sibelius, e poi ad insegnare tecnologie musicali in giro per l’Italia dentro Università, Conservatori, Istituzioni pubbliche e private. Diciamo che guardando indietro mi ritengo davvero fortunato però penso di aver saputo prendere il treno al volo grazie a tutti gli anni di studio effettuati. E’ questo il fattore vincente che oggi un giovane deve avere: essere pronto culturalmente e tecnicamente a sfruttare l’occasione che prima o poi avrà per le mani.
D.K.:
Hai organizzato eventi, gestito corsi di formazione professionale, scritto manuali (“Cubase 4.1” la guida ufficiale, “Sibelius 6” la guida passo passo), insegnato all’Università di Bologna e al “Santa Cecilia” di Roma. Tra cultura e tecnologia, quanto è difficile occuparsi di certe cose in un paese come il nostro? Come vedi le realtà estere e cosa potrebbe fare di più la classe dirigente politica italiana per migliorare certi aspetti della vita culturale in questo senso. E, soprattutto, perché è importante che le istituzioni si occupino di cultura?

SILVIO RELANDINI: 
A volte penso alla follia di cui è capace l’uomo e alla sua miopia. Ho ancora molti amici che mi invitano a seguirli nelle più svariate parti del mondo perchè si vive e si lavora meglio. Da un certo punto di vista hanno ragione: quando ero poco più di ventenne lavoravo anche alle direzioni artistiche di festival di musica e di danza dove esistevano fondi pubblici che consentivano la circuitazione di idee e di cultura. Oggi tutto questo non esiste più o è in mano a persone che sono poco competenti nelle questioni culturali. E’ inutile negarlo. Prima di tutto proporre cultura, vuoi che sia un processo formativo o produttivo, necessita, a prescindere dalla qualità proposta, l’instaurazione di un legame forte con chi ha potere di far si che le cose avvengano e questo non è dignitoso per chi lavora professionalmente. E’ evidente che questo paese ha smesso di investire nella qualità della cultura e della formazione da circa 20 anni e i risultati si vedono. Per migliorare occorrerebbe prima di tutto che esistesse una classe politica proveniente da una scuola politica dove il cittadino e il territorio siano al centro dei progetti, ma questo è utopia pura. Se l’obiettivo diventasse creare una società dove il cittadino è cosciente ed è in grado di intendere e di volere, la cultura e la formazione dovrebbero avere un ruolo prioritario anche sulla stessa economia. La meritocrazia ha consentito ad altre società di creare una classe dirigente molto forte e a fornire eccellenze nelle arti, nella tecnica e nelle scienze. Tutto questo da noi non accade ed è spesso il singolo o la singola scuola a cercare di proporre un sistema qualitativo che però presuppone per forza l’utilizzo della selezione. E’ un discorso lungo e complesso che andrebbe approfondito...ma non in questa sede. però in questi ultimi anni, in cui ho avuto la fortuna di partecipare ad una serie di progetti europei dedicati al trasferimento di innovazione tecnologica nel settore della musica, ho scoperto che anche le istituzioni europee non sono migliori delle nostre e anzi, spesso si rimane delusi. Ho avuto alcuni allievi che hanno tentato scuole di formazione all’estero (Regno Unito principalmente) dopo l’esperienza all’IITM ma mi hanno riferito che alla fine non hanno avuto quel quid che cercavano e che l’esperienza italiana era decisamente migliore. 
D.K.:
Abbassiamo un attimo il tiro del discorso. Secondo te, quanto è importante o utile per un musicista o un dj avere un minimo d’infarinatura generale su quello che riguarda la tecnologia musicale? Anche considerando che con cento euro una schedina audio te la puoi comprare (n.b. cento euro sòccmunque soldi! Cit.)? 

SILVIO RELANDINI: 
Imparare ad utilizzare la tecnologia è fondamentale perchè è alla base di tutto. Non è importante che tipo di tecnologia utilizzi bensì il come. Oggi i costi sono comunque molto bassi rispetto a quando ho iniziato io. Con poche centinaia di euro si possono realizzare lavori che per farli ai miei tempi si decideva di non comprare una casa o un automobile. Il problema è che la tecnologia è diventata una moda per cui conta molto il marchio piuttosto che la conoscenza. Rido sempre con tenerezza quando leggo nei forum la gente che si ammazza sulle discussioni del tipo: Cubase meglio di Logic o simili. Sono discussioni che non servono a nulla perchè basate su principi sbagliati: non è la tecnologia a fare la differenza ma la conoscenza. Certo che la differenza tra un disco stupendo ed uno bellissimo sicuramente è a farla un certo tipo di tecnologia, ma la differenza tra un disco brutto e uno bellissimo è sempre dovuta all’uomo, il tecnico e il musicista, a prescindere dalla tecnologia che si utilizza. Mi è capitato di realizzare suoni per librerie di sound designing utilizzando software molto semplici, giudicati poco più che giocattoli, ma nessuno dei committenti lo ha sospettato ascoltando i risultati prodotti.
D.K.:
Abbiamo già detto che tra le altre cose sei un sound designer.  Ti va di spiegarci in cosa consiste esattamente questa professione?

SILVIO RELANDINI: 
Il sound designer è una figura tecnica e musicale il cui obiettivo è quello di realizzare suoni: per una produzione musicale, per il cinema o la televisione, per l’industria musicale o dell’intrattenimento (videogames, web, installazioni), per la comunicazione (telefonia, internet, ecc.). Dove c’è bisogno di suono occorre avere un sound designer. Le competenze richieste sono numerosissime ed è per questo che occorre una solida preparazione e soprattutto tantissima esperienza nella manipolazione dei suoni. E’ difficile, senza l’esperienza su campo, pensare di realizzare i suoni di un motore spaziale partendo dal campionamento di una gallina, o di ottenere il suono della coda in movimento di un drago da quello prodotto agitando una formaggiera per aria. Ci vuole anche un pizzico di follia che però spesso fa la differenza.
D.K.:
E invece l’orchestrazione virtuale cos’è?

SILVIO RELANDINI: 
L’orchestrazione virtuale è la disciplina più affascinante che esiste oggi, secondo la mia opinione. E’ il complesso processo di programmazione di un’esecuzione strumentale virtuale al fine di ottenere un ascolto di preproduzione indispensabile oggi per valutare la congruità di un prodotto musicale. Consente di ottimizzare tempi e costi delle produzioni legate al broadcast (specialmente nel cinema e nella televisione). E’ molto osteggiata dai musicisti perchè vedono in essa un metodo per saltare l’utilizzo di una vera orchestra o formazione musicale, ma si sbagliano di grosso perchè la dove esiste sempre un budget sufficiente, l’orchestrazione virtuale è sempre sostituita da una session score ovvero da un processo di registrazione e sostituzione delle parti virtuali con quelle realizzate utilizzando un’orchestra vera. L’orchestratore virtuale è forse la figura professionale che richiede più conoscenze in assoluto: organologia, prassi esecutiva, orchestrazione, programmazione MIDI, renderizazione audio, missaggio audio. Insomma, un bel dire.
D.K.:
Noi di Demolition Kick ci occupiamo fondamentalmente di electro. E tantissima parte della produzione di questo genere passare per Mac, pc, schede audio, Kaoss Pad, Microkorg, Virus T ecc ecc. In questo senso la padronanza di un linguaggio come il MIDI diventa fondamentale sia in produzione che durante il live. TI va di spiegare brevemente ai nostri lettori di cosa si tratta?

SILVIO RELANDINI: 
Il linguaggio MIDI è ancora oggi (e lo sarà per molto tempo ancora) una spina dorsale nella realizzazione di qualunque tipologia di produzione sonora in quanto consente non solo la registrazione di qualunque tipo di azione su un controller, sulle funzioni di un sequencer, sui parametri di un sintetizzatore, ma anche la programmazione a distanza di macchine, l’automazione di parametri. Come dire, abbiamo due mani e dieci dita ma non bastano.
D.K.:
Caro Silvio, ancora grazie mille per averci concesso il tuo preziosissimo tempo. Speriamo di ritrovarci più in seguito su Demolition Kick, e se da Roma dovesse capitarti di Passare in Puglia, avvisaci pure perché un piatto di riso patate e cozze non puoi non assaggiarlo!!! 

SILVIO RELANDINI: grazie ragazzi, ci vedremo a maggio giù in Puglia quando faremo i corsi di Sound Designer insieme ad un ente importante (ssssssss.....meglio non anticipare nulla) per cui ci faremo grosse abbuffate insieme.
PER MAGGIORI INFORMAZIONI SU SILVIO RELANDINI PUOI VISITARE:


mercoledì 16 febbraio 2011

Pompo nelle casse: due chiacchiere con Antonio "Goldentrash" Pelusio


E siamo davvero felici di proporvi questa intervista ad Antonio “Goldentrash” Pelusio (a sinistra nella foto in basso che lo ritrae con il suo compare Pacchiani), dei PowerFrancers. Si, proprio loro: quelli che “pompano nelle casse”.
E Antonio, giovanissimo pugliese di Brindisi, insieme al suo socio Pacchiani ci sta facendo ballare nei dancefloor della penisola.





D.K.:
Antonio!!! Non puoi capire che piacere averti su Demolition Kick!!!
Parti da Brindisi, dove sei diretto?

ANTONIO:
Beh, sembra chiaro! Verso l'infinito e oltre… come il buon Buzz Lightyear hahaha! Ora siamo in Abruzzo, a Guardiagrele (in provincia di Chieti); magari un domani saremo dall'altra parte del mondo, in una villa megagalattica come quella di Snoop Dogg oppure su una nave da crociera a fare gli animatori hahahaha.


D.K.:
Una cosa è davvero divertente. Orientamento religioso: sidchain massacre?

ANTONIO:
Assolutamente si! è la nostra crew, la nostra famiglia (piccolo spam http://www.facebook.com/group.php?gid=79606401465); dico famiglia perchè siamo davvero così: ci aiutiamo a vicenda e siamo tutti sintonizzati sulla stessa lunghezza di pensieri. Poi, noi dobbiamo davvero tantissimissimo a loro: sono stati il nostro primo contatto con la musica elettronica!!!! All'attivo siamo un bel po’, nazionali ed internazionali, e credo fermamente che riusciremo a conquistare il mondo! Presto sentirete parlare della nostra crew nei telegiornali! Tremate!


D.K.:
Avevamo il sospetto, confermato poi dalla vostra bio sul sito della Flat Frog, che ci fosse una buona dose di hip hop alla base della musica dei PowerFrancers. E anche tanto funk. E la scuola francese. Quanto fanno parte del tuo bagaglio culturale queste influenze?

ANTONIO:
Certo, sia io che il mio socio Pacchiani veniamo dal rap. Abbiamo militato nella cultura hip hop per circa 10 anni, poi siamo passati dal writing al breaking (sia come b-boy che come dj nei contests e, da lì, camionate di funk) all'mcing, che è tutt'ora la nostra costante.
Di conseguenza, posso tranquillamente affermare che siamo nati da lì, tutte le nostre radici sono ben intrinseche nel "PEACE UNITY LOVE" del buon afrika bambaataa :)


D.K.:
Il microkorg spunta spesso nei vostri video. Quali altri strumenti (hardware o software) ti piace usare? E se ti va di svelarci quale piattaforma preferisci tra Ableton, Logic, Cubase…

ANTONIO:
Beh si, essendo amanti del classico non potevamo fare a meno di utilizzare il microkorg (ora ho il microkorg XL ed è un paradiso totale). Poi abbiamo smanazzato anche con altri synth analogici come l'Alesis Micron o il Minimoog little phatty, il tutto coronato dal buon vecchio FL STUDIO + CUBASE :)
Eccovi svelate le nostre piattaforme.


D.K.:
L’electro si è ormai affermato in Europa con le sue diverse sfumature. Secondo te in Italia come siamo messi? Ci sono solo influenze estere nella tua musica o anche qualcosa di nostrano?

ANTONIO:
Eh, l'electro è in continua evoluzione in tutto il mondo. A mio avviso in Italia siamo forti, davvero forti; per assurdo noi italiani siamo più forti all'estero che nella nostra stessa nazione, come si dice "nemo profeta in patria" :D
Le influenze ce ne sono -e tante- e variano dal rap più classico all'elettronica più spietata, passando dal funk più sincopato. Per citare proprio qualche nome potrei dire Run Dmc, Chromeo, Skrillex e, naturalmente, inserisco anche tutta la nostra crew, che ci è di continua ispirazione! ♥ SM ♥


D.K.:
E cosa ne pensi della situazione electro slash elettronica slash musicale in generale in Puglia?

ANTONIO:
Purtroppo non vivendo più in Puglia non sono molto aggiornato sulle novità e sull'evoluzione musicale; comunque sia ti dirò, siamo stati a suonare in un po’ di party e la reazione era assolutamente esplosiva :D


D.K.:
E senti, visto che siamo tra pugliesi, una domanda posta in maniera “agreste” te la vogliamo fare. “Pompo nelle casse”…ma come cazzo vi è venuta in mente un’idea così geniale? Qual è stata la genesi? Il pezzo spacca, la produzione è massiccia, il video è divertente e cool. Il testo ti si stampa in testa: “Calo giù gli alcolici senza arrivare al vomito”. Per non parlare della voglia atavica di distruggere le casse…

ANTONIO:
Buahauhauhauhauhauah questa traccia per noi è storica, l'abbiamo fatta addirittura ben due anni fa… così, uscita per caso… mi sono ritrovato a scrivere questo pezzo in cinque minuti e a chiamare Katerfrancers per registrarlo in altrettanti cinque minuti; da li cominciarono a piovere remix su remix, poi la produzione ufficiale del disco, il video e tanta tanta approvazione :) come le cose belle è nato per caso :D


D.K.:
Antonio Goldentrash. Altri progetti o solo PowerFrancers per il momento?

ANTONIO:
Partendo dal presupposto che il progetto Power Francers è nato quasi per gioco durante la nostra "carriera" da rapper… si! Solo Power Francers per il momento!
Ah quasi dimenticavo! A breve uscirà l'”espansione” del nostro progetto, KATERFRANCERS! Uscirà con un ep prodotto da noi e D-Bag, con un remix dei nostri genitori artistici Pelussje - sempre made in FLAT FROG :)


D.K.:
Puglia lov iu. Demolition Kick lov iu. Quando vieni a suonare da ‘ste parte ci avvisi? E grazie mille per averci concesso il tuo tempo! Grande Antò!!!

ANTONIO:
Ma ciiieeeeeeeeeerto che si! E speriamo di venirci presto, così vi portiamo un po’ di rustelle abruzzesi e facciamo indigestione prima del party :D






PER MAGGIORI INFORMAZIONI SU ANTONIO “GOLDENTRASH” PELUSIO PUOI VISITARE:

Difficile trovarmi in solitaria, quindi vi lascio la nostra pagina web: http://www.facebook.com/powerfrancers

Stay power :D


***Demolition Kick ringrazia di cuore Leti della Offlimits Production – Flat Frog per il suo supporto nella realizzazione dell’intervista ad Antonio. 

lunedì 14 febbraio 2011

Due chiacchiere con: Enrico Cosimi


Demolition Kick – Puglia Electro Groova ha intenzione di premiarvi e di auto-premiarsi chiamando in causa producers, dj, addetti ai lavori, musicisti, ed è lieta di inaugurare un ciclo di interviste con la prima fatta ad personaggio d’eccezione, una leggenda per chi in Italia si occupa di musica elettronica: Enrico Cosimi, musicista, pubblicista, esperto di tecnologia musicale.



D.K.:
Ciao Enrico, ben trovato!
Innanzi tutto sono davvero felice di poterti intervistare. Ma partiamo subito a pieno regime!
Porti avanti quanti progetti a livello musicale? Scrivi articoli (splendidi!) su Accordo.it, sei protagonista di video (spettacolari!) sulla sintesi del suono, hai scritto un importante manuale sulla sintesi del suono, insegni all’istituto italiano tecnologie musicali a Roma, sei anche un super eroe (non sveliamo il mistero)…ma quante cose fai???

ENRICO COSIMI:
In realtà, tutto nasce da due componenti fondamentali del mio carattere: la pigrizia e la disorganizazione. Mi vado a cacciare in più situazioni di quante potrei gestirne normalmente e (per pigrizia) non riesco a dire di no, poi (per disorganizzazione) mi trovo costretto a fare tutto a velocità doppia. Comunque, la doppia vita con Mr. Shameless ha dei vantaggi: quando c’è qualcosa che non mi piace, mando avanti lui e lo lascio sfogare con le sue “buone maniere”…. hai presente il trattamento riservato al cantautore canadese?


D.K.:
Ahah, è per quello che amiamo Mr. Shameless!!! Che almeno lui ci salvi!!!
Ti va di raccontarci un po’ come ti sei avvicinato all’elettronica e come sei entrato in contatto con le macchine che ormai fanno parte integrante della tua vita? E magari di indicarci una macchina che ti sia rimasta particolarmente nel cuore?

ENRICO COSIMI:
Per certi versi, sono stato molto fortunato: in origine, ero riuscito a convincere mio padre a comprarmi il Davolisynth, una macchina molto limitata (niente filtro, niente inviluppi, niente denti di sega, solo triangolare e quadra dentro un amplificatore…) che poi, nel 1973, riuscii a convertire in un vero Minimoog Model D, usato e verniciato di nero. Ricordo che, tornato a casa, rimasi traumatizzato per una settimana buona, dopo aver ascoltato la prima sawtooth della mia vita. Ho passato mesi e mesi a sperimentare tutte le possibili combinazioni… avevo buttato giù qualche migliaio di patch sheets con i suoni trascritti sopra; oggi, il Minimoog posso usarlo anche al contrario e anche da ubriaco (cosa che, fino allo scorso decennio, era abbastanza diffusa nel live contest). Poi, è arrivato il liceo e ho iniziato a suonare con gruppi e gruppettini prig prog e prag, facendo i conti ogni volta con il problema dei trasporti (per andare a provare in cantina dal batterista, prendevo il tram con il Minimoog sotto braccio e la cosa più gentile che mi dicevano è “…ma ‘ndo vai co ‘sta pianola?”), con la mancanza di memorizzazioni e con la monofonia. Ho iniziato a lavorare part time da Musicarte (ero il “ragazzo delle tastiere” e aiutavo il magazziniere a scaricare le tastiere – dall’ARP Odyssey ai pianoforti verticali: il massimo è stato quando, in due, abbiamo fatto cadere il CS-80 di un noto professionista… un botto!) e nel negozio ho fatto pratica su tutte le macchine che mi passavano sotto le mani, facendo collezione di manuali utente, che rimangono la mia lettura preferita. Dal part time, sono passato alla redazione tecnica di Fare Musica, che nel 1981 era il più importante mensile di musica italiano e poi, nel 1985, ho progettato e gestito un corso di formazione professionale, sulle tecnologie musicali per la Regione Lazio; quello è stato il primo approccio con la didattica strutturata. Poi, si era in pieno periodo MIDI, ho investito tutto quello che avevo guadagnato in tecnologia (Emulator II+, Matrix 12, Synthex, ARP, Roland, Korg, Yamaha… praticamente tutto tranne il Rhodes Chroma) e per dieci anni ho alternato l’attività didattica con i turni in sala di registrazione. Mi sono fatto tutto il pop italiano del periodo e quando è scoppiato il fenomeno vintage elettronico, mi sono trovato in prima fila perché, semplicemente, quelle macchine erano le stesse che già usavo da un decennio abbondante… Nel periodo di massima attività MIDI, tra convertitori CV/Gate e altre carabattole, in studio avevamo superato i 256 canali simultanei; poi è arrivato il primo Mac (ma avevo iniziato con l’Apple IIe: a whopping 64Kb of RAM!) e c’è stata la lunga stagione della programmazione.  Poi c’è stato il periodo “rockstar” con gli Uniplux, Trombe Rosse, Latte & i Suoi Derivati e, parallelamente, l’ambient elettronica come Tau Ceti; il latte è andato a male, l’elettronica è rimasta, ho continuato a suonare con i sint, a scrivere sui sint, ad insegnare i sint; recentemente, ho progettato insieme a Paolo Groppioni lo step sequencer del GRP A8… Sono stato troppo prolisso?


D.K.:
Resteremmo ad ascoltarti per ore. Ed infatti non posso non farti una domanda di carattere tecnico. Un certo tipo di electro è caratterizzato da suoni distorti, acidi, non so, mi viene di citare i Justice, che tra casse spropositate, sidchain brutali e bassoni distortissimi risultano energetici come rockettari, accattivanti come funkettoni e  modaioli come clubbers. Tra onde quadre, triangolari, distorsori, bitcrusher, waveshaper, ti va di suggerirci una ricetta al volo per creare un suono di basso potente e maestoso?

ENRICO COSIMI:
Per arrivare al basso maestoso, devi sempre fare i conti con quanto spazio hai a disposizione nell’arrangiamento e nel mixaggio; se c’è solo basso e ritmica, puoi allargarti e mettere in gioco forme d’onda dense (tipo saw o square); se però lo spazio è poco, meglio ricorrere a forme d’onda più gommose e concentrate sulla fondamentale (tipo triangolare o sinusoide). Tieni presente che quello che senti nella produzione discografica finita non è solo oscillatori, ma l’intero strumento che, molto spesso, è coadiuvato da uno stadio di wavewrapper o di trattamento non lineare. Di solito, i tastieristi tendono a sottovalutare i risultati ottenibili processando il sintetizzatore in un distorsore o in un compressore messo a manetta: non essendoci dinamica (come sulla chitarra elettrica), tu puoi far impazzire il distorsore quando cambi il filtraggio o quando carichi la resonance. Allo stesso modo, puoi comprire un segnale, aumentare il decay dell’inviluppo e goderti lo schiacciamento che poi “rilascia” sulla fine della nota.
Un’altra cosa da tenere presente è che, specie per i bassi, un oscillatore è meglio di tre se non vuoi combattere con le cancellazioni di fase; ma se, invece ti serve il rombo in stile prog – se il mix lo permette – allora devi scatenare tre oscillatori sawtooth non perfettamente accordati tra loro. Tieni presente che, più carichi sul timbro, meno si capirà il fraseggio; è un compromesso tra violenza e intellegibilità. Al limite, doppi la parte con due suoni, uno pulito e l’altro distorto.
Ah, un’altra cosa: la maestosità della pronuncia musicale dipende tanto dal timbro quanto dall’inviluppo. Un inviluppo di tipo “schiacciato” (attacco e release al minimo, sustain al massimo) suona per forza, se hai sufficiente manico per gestirlo…


D.K.:
Quali sono i musicisti che ritieni più importanti per quanto riguarda la musica elettronica in generale? Quelli che secondo te sono stati fondamentali…insomma quelli che chi si avvicina a questo mondo non può assolutamente fare a meno di conoscere?

ENRICO COSIMI:
Non è una domanda leale! L’elettronica ha talmente tante sfumature che dovresti citare almeno 50 nomi diversi. Posso dirti quelli che piacciono a me, relativamente ai sotto generi elettronici che “frequento” (ma non aspettarti grandi novità…). Io direi: Schulze e Tangerine Dream (fino a Logos, eh?) per la tradizione kraut, Kraftwerk (The Man Machine è uno dei pochi album che mi piace tutto); Steve Roach e Jeff Pearce per la parte più sospesa, Current 93, Cranioclast, Kapotte Muziek, Asmus Tietchens, Harris & Bates per gli estremismi (ma, in realtà, dovrei dire quasi tutto il catalogo MusicaMaximaMagnetica degli anni ’90); ovviamente Richard Lainhart per i microsounds; Autechre e Aphex Twin (non tutto), ma questo è quasi banale; mi piace tantissimo Brinkmann e tutto il gruppo dei “reaktoriani” come Rachmiel, Lazyfish e compagni… In più c’è tutta la parte degli “storici”: Ussachevski, Babbitt, Truax…E poi (si parva magnis licet componere) mi piaccono le cose che faccio, anche se non riesco a trovare mai il tempo per terminare le registrazioni…


D.K.:
Cosa ne pensi delle nuove forme di elettronica? In sostanza come vedi la democraticità dovuta all’abbassamento dei prezzi per quanto riguarda soprattutto l’informatica musicale? Quali vantaggi e quali svantaggi ci sono secondo te, anche in base ad un salto a due piedi per tutto quello che riguarda il dominio analogico al quale giocoforza sono sottoposte soprattutto le generazioni più giovani di musicisti elettronici?

ENRICO COSIMI:
Tutto il bene possibile! Oggi, con 0 euro di programmi craccati o con 500 euro di programmi “ufficiali” si possono fare cose che voi umani… con quel che segue. Ti basta avere Reaktor e Absynth 5 per andare avanti per mesi e mesi e mesi e mesi; se poi ti interessa organizzare ritmicamente il tuo lavoro, non devi fare altro che usare Ableton LIVE e sei a posto. Secondo me, non ci sono più scuse: se non tiri fuori qualcosa di buono non è – come nello scorso secolo – perché non hai la tecnologia minima che solo le rockstar possono permettersi… è perché non hai niente da dire.
Non vedo svantaggi nella situazione attuale, a parte la pigrizia (sono un esperto in materia…) di voler andare a rimorchio sulle programmazioni altrui: negli anni ’90 c’erano le sound libraries da cui dragare e “arubbare” suoni; oggi, il rischio è quello di andare a ruota con gli user’s forum. Però, se uno si mette a fare reverse engineering con le programmazioni fatte da gente più brava, finisce per imparare presto e bene, come dicevano alle elementari…


D.K.:
Grazie mille per il tempo che ci hai concesso. Mi auguro di tutto cuore di poterci risentire più in la su Demolition Kick. E a questo proposito, un’ultima domanda: tu sei romano, sei mai stato in Puglia? Ti  è piaciuta?

ENRICO COSIMI:
Oh, yess! Come Theatrum Chemicum, ho suonato due volte a Bari, prima in un’edizione di TimeZones e poi presso l’associazione ARA Damanhur; poi ho suonato a FluidiMagici, un’altra manifestazione che si teneva nei fossati del castello d’Otranto (Walpole docet…), poi – questa volta come consulente del MIUR – ho partecipato a un convegno, ad Andria, sulla rete dei laboratori di Musica Elettronica nelle scuole superiori.
Se fosse per me, mi trasferirei domani.





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domenica 13 febbraio 2011

Fuori il primo disco dei ThePeople Speak.


Il primo disco della accattivante band barese su Tarock Records. Contiene sette tracce registrate dalla band e sei remix. Energetico, ballabile, semplicemente bello!!!

Nasce Demolition Kick - Puglia Electro Groova.

Demolition Kick si occupa di musica electro ed elettronica nel senso più ampio del termine. Abbiamo voglia di creare un network tra musicisti, dj, produttori, organizzatori, locali, appasionati pugliesi, e non solo. Abbiamo voglia di informare e di spingere le realtà locali, perchè in Puglia esistono artisti di ottimo livello, e vogliamo prestare loro orecchio. 
Demolition Kick si occupa di tecnologia musicale, cerchiamo di essere attenti alle novità del settore. 
Ci auguriamo ci seguiate in tanti e, nel frattempo, alziamo il volume!!!


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