martedì 22 febbraio 2011

Tecnologia musicale: due chiacchiere con Silvio Relandini

Cari demoliti! Siamo davvero orgogliosi di proporvi questa intervista ad uno dei massimi professionisti in Italia per quello che riguarda la tecnologia musicale applicata e didattica, Silvio Relandini, responsabile educational Midiware, direttore dell'Istituto Italiano per la Tecnologia Musicale. Orchestratore virtuale e sound designer tra i più richiesti della penisola. 



D.K.:
Ciao Silvio! 
Noi di Demolition Kick siamo felici di poter proporre a chi ci segue un confronto con un professionista del tuo livello in campo di tecnologia musicale. E a proposito di questo, facciamo notare al lettore quanto questo mondo sia trasversale e “infinito”. Molti vedono l’accostarsi alla tecnologia (specie in campo musicale), quasi come un atto esoterico. Eppure la tecnologia può semplificarci molto la vita (o peggiorarcela…) trasformando un semplice pc in una macchina potentissima. Ma a questo punto ci si scontra con il saper fare. 
Caro Silvio, tu sei stato probabilmente tra i primi ad intuire che c’era la necessità di una formazione didattica organica per quanto riguarda certe materie. A questo proposito, come nasce l’IITM? 

SILVIO RELANDINI: 
Ciao ragazzi, intanto grazie per essere qui a parlare con Voi. l’IITM è nato 7 anni fa ma il progetto risale più indietro almeno di 15 anni ovvero da quando è iniziato, grazie soprattutto alla MidiWare, un progetto che aveva l’obiettivo di creare un sistema di formazione in grado di consentire ad un utente di acquisire le conoscenze, competenze ed abilità mecessarie all’utilizzo cosciente della tecnologia. Non era facile entrare agli inizi degli anni ’90 nelle principali istituzioni accademiche e spiegare a docenti e allievi il vantaggio che potevano avere dall’innovazione tecnologica che era in atto. Tutto ciò che era innovativo era osteggiato soprattutto per una questione di ignoranza (nel senso buono del termine: colui che ignora, non conosce). Da allora pensai che occorreva iniziare a far capire che la tecnologia era solamente uno strumento in grado di offrire funzioni di creazione e manipolazione di informazioni sonore utilissime ad un musicista, compositore o docente. Ancora oggi, che la tecnologia offre strumenti incredibili il cui limite è dettato solamente dalla nostra capacità di utilizzarla, adotto la stessa filosofia: senza la conoscenza della struttura e teoria musicale, la prassi esecutiva, la conoscenza degli stili e della storia, l’ascolto di esperienze sonore ad alta definizione e prive della compressione, la tecnologia non serve a nulla, è solo una mera illusione. Facciamo un esempio pratico: oggi esistono delle fantastiche librerie che emulano l’intera gamma degli strumenti dell’orchestra, ma senza la conoscenza dell’organologia, della prassi esecutiva e dell’orchestrazione è quasi impossibile poterle utilizzare in maniera professionale. E’ vero, la possibilità di effettuare infiniti undo, di avere un processing mai distruttivo, porta l’utente a pensare sempre meno e ad agire sempre più perchè sbagliare non è più un problema grave; ma tutto ciò non basta e occorre sempre valorizzare la conoscenza perchè è l’unica che ci consente di superare i nostri errori. La tecnologia ha sempre segnato un’evoluzione nel modo di pensare dell’uomo e questo vale anche quando l’uomo stesso produce cultura. Pensa per un attimo a che grande rivoluzione è stata la comparsa del fortepiano quando tutto era segnato dal clavicembalo, ma a questo spesso le Accademie non pensano. Così è normale che oggi i sequencer, i sintetizzatori, i plug-in ci hanno permesso di produrre qualcosa di nuovo ma soprattutto per la prima volta anche i non musicisti hanno avuto la possibilità di produrre qualcosa. Questo è stato l’elemento che ha destabilizzato un sistema che si è chiuso in se stesso dannando spesso la tecnologia. Ciò è stato un errore molto grave perchè alla fine tutti hanno il diritto ad esempio di giocare con i numeri e le equazioni ma poi saranno pochi a fare i fisici, gli ingegneri o i matematici. La stessa cosa vale per la musica che dovrebbe essere nota ad ogni cittadino, per la sua forza educativa e creativa. Pazienza che poi avrà modo di farla su un pianoforte, su una chitarra elettrica o con Ableton Live. Saranno sempre pochi quelli che lo faranno di mestiere ma questi non potranno non considerare l’utilizzo della tecnologia. L’IITM è nato con un obiettivo molto preciso: insegnare un mestiere a chi vuole occuparsi di suono o di musica professionalmente. Un mestiere centrato sull’utilizzo della tecnologia, dove non contano i titoli che possiedi ma solamente quello che sei capace di fare. Questa è un’altra questione molto scottante in un paese dove la gente normalmente colleziona titoli e pezzi di carta ed ha un basso profilo professionale. E’ per questo motivo che non abbiamo mai chiesto un riconoscimento, perchè avrebbe stravolto tutto il sistema didattico che faticosamente abbiamo costruito in tutti questi anni e che, visti i risultati ottenuti, ci premia abbastanza.


D.K.:
Ti va di parlarci della tua esperienza personale? Come ti sei avvicinato a questo mondo?

SILVIO RELANDINI
Non vorrei raccontare la storia della vita mia che probabilmente interesserebbe poco però ho iniziato fin da piccolissimo a studiare musica e pianoforte passando poi per la composizione e le discipline teoriche musicali. Ricordo però l’effetto incredibile che ebbe nella mia vita tredicenne l’utilizzo di un piccolo software presente nel mio Commodore 64: il music master. Un sintetizzatore molto semplice che però mi fece ascoltare e manipolare suoni che non avevo mai sentito prima visto che a casa si masticava principalmente musica classica. Da li si aprì un mondo elettronico che da un lato mi faceva scoprire nuovi stili, gruppi musicali e tendenze mentre dall’altro aumentava il mio interesse per tutto ciò che era tecnologia musicale. Non era facile in quel periodo poter sperimentare: la tecnologia era molto costosa, non esisteva internet, tutto quello che potevi sapere lo acquisivi leggendo i manuali in inglese dei sintetizzatori che gli amici ti prestavano. Ricordo le centinaia di domande che mi ponevo senza avere una risposta, le perplessità di cercare traduzioni di termini tecnici che davano risposte inquietanti: cos’era il gate? Di certo non era il “cancello”. Poi riuscii a comprare un Kaway K5 e un computer Atari con il sequencer Creator e li fu la svolta. All’età di 16 anni capii che quello era il mio mondo e da allora ogni giorno della mia esistenza (a parte il breve periodo del militare) è passato con la manipolazione analogica, digitale o virtuale di una qualche informazione sonora. All’età di 22 anni ho avuto la fortuna di essere notato da alcuni musicisti importanti e di collaborare con l’Associazione Musica Oggi, diretta da Massimo Zuccaroli, con il quale ho lavorato per numerosi anni nella realizzazione di progetti di formazione sulle nuove tecnologie. Sono entrato in aula a spiegare fisica acustica, notazione musicale elettronica, protocollo MIDI, che avevo 23 anni e avveniva sempre che gli allievi erano più grandi di me per cui si faticava ad imporsi come docente. Però alla fine accumulai più di 5000 ore di docenza specializzata e ancora oggi, a distanza di 18 anni quelle persone mi ringraziano di quell’esperienza meravigliosa. Il mondo del sound designing mi ha attirato prestissimo. All’inizio il lavoro era nella programmazione di nuovi suoni per la Kaway o la Korg, poi si iniziò a creare dei suoni efficaci per documentari che venivano prodotti in Rai. Nel frattempo le tecnologie miglioravano il modo di lavorare per cui decisi di dedicarmi sempre più alla formazione. Nacque l’IITM e il primo progetto fu proprio un corso di formazione professionale per sound designer, il primo in Italia, come facemmo per primi anche quello di orchestrazione virtuale. La professionalità raggiunta faticosamente venne premiata: venni chiamato a dirigere la sezione educational di MidiWare, a gestire quella di Steinberg in Italia, a seguire lo sviluppo di Sibelius, e poi ad insegnare tecnologie musicali in giro per l’Italia dentro Università, Conservatori, Istituzioni pubbliche e private. Diciamo che guardando indietro mi ritengo davvero fortunato però penso di aver saputo prendere il treno al volo grazie a tutti gli anni di studio effettuati. E’ questo il fattore vincente che oggi un giovane deve avere: essere pronto culturalmente e tecnicamente a sfruttare l’occasione che prima o poi avrà per le mani.
D.K.:
Hai organizzato eventi, gestito corsi di formazione professionale, scritto manuali (“Cubase 4.1” la guida ufficiale, “Sibelius 6” la guida passo passo), insegnato all’Università di Bologna e al “Santa Cecilia” di Roma. Tra cultura e tecnologia, quanto è difficile occuparsi di certe cose in un paese come il nostro? Come vedi le realtà estere e cosa potrebbe fare di più la classe dirigente politica italiana per migliorare certi aspetti della vita culturale in questo senso. E, soprattutto, perché è importante che le istituzioni si occupino di cultura?

SILVIO RELANDINI: 
A volte penso alla follia di cui è capace l’uomo e alla sua miopia. Ho ancora molti amici che mi invitano a seguirli nelle più svariate parti del mondo perchè si vive e si lavora meglio. Da un certo punto di vista hanno ragione: quando ero poco più di ventenne lavoravo anche alle direzioni artistiche di festival di musica e di danza dove esistevano fondi pubblici che consentivano la circuitazione di idee e di cultura. Oggi tutto questo non esiste più o è in mano a persone che sono poco competenti nelle questioni culturali. E’ inutile negarlo. Prima di tutto proporre cultura, vuoi che sia un processo formativo o produttivo, necessita, a prescindere dalla qualità proposta, l’instaurazione di un legame forte con chi ha potere di far si che le cose avvengano e questo non è dignitoso per chi lavora professionalmente. E’ evidente che questo paese ha smesso di investire nella qualità della cultura e della formazione da circa 20 anni e i risultati si vedono. Per migliorare occorrerebbe prima di tutto che esistesse una classe politica proveniente da una scuola politica dove il cittadino e il territorio siano al centro dei progetti, ma questo è utopia pura. Se l’obiettivo diventasse creare una società dove il cittadino è cosciente ed è in grado di intendere e di volere, la cultura e la formazione dovrebbero avere un ruolo prioritario anche sulla stessa economia. La meritocrazia ha consentito ad altre società di creare una classe dirigente molto forte e a fornire eccellenze nelle arti, nella tecnica e nelle scienze. Tutto questo da noi non accade ed è spesso il singolo o la singola scuola a cercare di proporre un sistema qualitativo che però presuppone per forza l’utilizzo della selezione. E’ un discorso lungo e complesso che andrebbe approfondito...ma non in questa sede. però in questi ultimi anni, in cui ho avuto la fortuna di partecipare ad una serie di progetti europei dedicati al trasferimento di innovazione tecnologica nel settore della musica, ho scoperto che anche le istituzioni europee non sono migliori delle nostre e anzi, spesso si rimane delusi. Ho avuto alcuni allievi che hanno tentato scuole di formazione all’estero (Regno Unito principalmente) dopo l’esperienza all’IITM ma mi hanno riferito che alla fine non hanno avuto quel quid che cercavano e che l’esperienza italiana era decisamente migliore. 
D.K.:
Abbassiamo un attimo il tiro del discorso. Secondo te, quanto è importante o utile per un musicista o un dj avere un minimo d’infarinatura generale su quello che riguarda la tecnologia musicale? Anche considerando che con cento euro una schedina audio te la puoi comprare (n.b. cento euro sòccmunque soldi! Cit.)? 

SILVIO RELANDINI: 
Imparare ad utilizzare la tecnologia è fondamentale perchè è alla base di tutto. Non è importante che tipo di tecnologia utilizzi bensì il come. Oggi i costi sono comunque molto bassi rispetto a quando ho iniziato io. Con poche centinaia di euro si possono realizzare lavori che per farli ai miei tempi si decideva di non comprare una casa o un automobile. Il problema è che la tecnologia è diventata una moda per cui conta molto il marchio piuttosto che la conoscenza. Rido sempre con tenerezza quando leggo nei forum la gente che si ammazza sulle discussioni del tipo: Cubase meglio di Logic o simili. Sono discussioni che non servono a nulla perchè basate su principi sbagliati: non è la tecnologia a fare la differenza ma la conoscenza. Certo che la differenza tra un disco stupendo ed uno bellissimo sicuramente è a farla un certo tipo di tecnologia, ma la differenza tra un disco brutto e uno bellissimo è sempre dovuta all’uomo, il tecnico e il musicista, a prescindere dalla tecnologia che si utilizza. Mi è capitato di realizzare suoni per librerie di sound designing utilizzando software molto semplici, giudicati poco più che giocattoli, ma nessuno dei committenti lo ha sospettato ascoltando i risultati prodotti.
D.K.:
Abbiamo già detto che tra le altre cose sei un sound designer.  Ti va di spiegarci in cosa consiste esattamente questa professione?

SILVIO RELANDINI: 
Il sound designer è una figura tecnica e musicale il cui obiettivo è quello di realizzare suoni: per una produzione musicale, per il cinema o la televisione, per l’industria musicale o dell’intrattenimento (videogames, web, installazioni), per la comunicazione (telefonia, internet, ecc.). Dove c’è bisogno di suono occorre avere un sound designer. Le competenze richieste sono numerosissime ed è per questo che occorre una solida preparazione e soprattutto tantissima esperienza nella manipolazione dei suoni. E’ difficile, senza l’esperienza su campo, pensare di realizzare i suoni di un motore spaziale partendo dal campionamento di una gallina, o di ottenere il suono della coda in movimento di un drago da quello prodotto agitando una formaggiera per aria. Ci vuole anche un pizzico di follia che però spesso fa la differenza.
D.K.:
E invece l’orchestrazione virtuale cos’è?

SILVIO RELANDINI: 
L’orchestrazione virtuale è la disciplina più affascinante che esiste oggi, secondo la mia opinione. E’ il complesso processo di programmazione di un’esecuzione strumentale virtuale al fine di ottenere un ascolto di preproduzione indispensabile oggi per valutare la congruità di un prodotto musicale. Consente di ottimizzare tempi e costi delle produzioni legate al broadcast (specialmente nel cinema e nella televisione). E’ molto osteggiata dai musicisti perchè vedono in essa un metodo per saltare l’utilizzo di una vera orchestra o formazione musicale, ma si sbagliano di grosso perchè la dove esiste sempre un budget sufficiente, l’orchestrazione virtuale è sempre sostituita da una session score ovvero da un processo di registrazione e sostituzione delle parti virtuali con quelle realizzate utilizzando un’orchestra vera. L’orchestratore virtuale è forse la figura professionale che richiede più conoscenze in assoluto: organologia, prassi esecutiva, orchestrazione, programmazione MIDI, renderizazione audio, missaggio audio. Insomma, un bel dire.
D.K.:
Noi di Demolition Kick ci occupiamo fondamentalmente di electro. E tantissima parte della produzione di questo genere passare per Mac, pc, schede audio, Kaoss Pad, Microkorg, Virus T ecc ecc. In questo senso la padronanza di un linguaggio come il MIDI diventa fondamentale sia in produzione che durante il live. TI va di spiegare brevemente ai nostri lettori di cosa si tratta?

SILVIO RELANDINI: 
Il linguaggio MIDI è ancora oggi (e lo sarà per molto tempo ancora) una spina dorsale nella realizzazione di qualunque tipologia di produzione sonora in quanto consente non solo la registrazione di qualunque tipo di azione su un controller, sulle funzioni di un sequencer, sui parametri di un sintetizzatore, ma anche la programmazione a distanza di macchine, l’automazione di parametri. Come dire, abbiamo due mani e dieci dita ma non bastano.
D.K.:
Caro Silvio, ancora grazie mille per averci concesso il tuo preziosissimo tempo. Speriamo di ritrovarci più in seguito su Demolition Kick, e se da Roma dovesse capitarti di Passare in Puglia, avvisaci pure perché un piatto di riso patate e cozze non puoi non assaggiarlo!!! 

SILVIO RELANDINI: grazie ragazzi, ci vedremo a maggio giù in Puglia quando faremo i corsi di Sound Designer insieme ad un ente importante (ssssssss.....meglio non anticipare nulla) per cui ci faremo grosse abbuffate insieme.
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